venerdì 31 ottobre 2014

LA PASSIÓ SEGONS CAROL RAMA - MACBA, BARCELONA




LA PASSIÓ SEGONS CAROL RAMA
Comissàries: Teresa Grandas i Beatriz Preciado
MACBA - Museu d'Art Contemporani de Barcelona
Plaça dels Angels 1 - Barcelona
31/10/2014 - 22/2/2014

Aquesta exposició té com a objectiu no només donar visibilitat al treball de Carol Rama, sinó també qüestionar els relats dominants de la historiografia de l’art amb un treball que obliga a desfer narratives i reformular conceptes. Oblidada tant per la historiografia hegemònica com pel relat feminista, l’obra de Carol Rama, que s’estén al llarg de set dècades (1936-2006), és un contra-arxiu que permet reconstruir els moviments d’avantguarda del segle XX.
Des de les seves primeres aquarel·les dels anys trenta, Carol Rama inventa una gramàtica visual pròpia que contrasta amb les representacions de la sexualitat de la modernitat: el cos femení –alhora mutilat i amenaçant, violentat i irreductiblement desitjós– es presenta actiu i vital. La paleta carnal del fauvisme li serveix per donar suport a una proposta subversiva: la intensitat dels colors reservats a la vulva o la llengua denoten la resistència del cos a les forces que el dominen i a les institucions que el subjuguen. Aquestes obres inicien una constant en el treball de Rama fins al 2006: ens referim a les cartografies del desig dissident, als diagrames de l’inconscient i a les seves estratègies de resistència a la normalització.
Carol Rama transita per l’abstracció en els anys cinquanta; s’aproxima a l’informalisme y a l’espacialisme en els seixanta amb la creació de bricolages i de mapes orgànics fets d’ulls i ungles de taxidermista, de cànules, signes matemàtics, xeringues i connexions elèctriques, fins a la composició en els setanta d’una imatge-matèria composta de gomes de pneumàtics. I torna, en els últims anys, a un ús lliure de la forma. Carol Rama inventa el sensurrealisme, l’art visceral-concret, el porno brut, l’abstracció orgànica. Actualment se la considera una artista imprescindible per entendre les mutacions de la representació en el segle XX i el treball posterior d’artistes com Cindy Sherman, Kara Walker, Sue Williams, Kiki Smith i Elly Strik.

PRE POST ALPHABET - MUSEO NITSCH, NAPOLI




PRE POST ALPHABET
Poesia Visuale a Napoli
Museo Nitsch
vico Lungo Pontecorvo 9 – Napoli
dal 31/10/2014 al 30/11/2014

L’esplorazione della produzione artistica più recente, ancora discussa, non del tutto sedimentata, la ricerca dell’arte sperimentale più avanzata e il sostegno alle pratiche, ai discorsi e alle narrazioni dell’arte contemporanea: è tutto questo Progetto XXI della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee che, quest’anno, si arricchisce di una nuova collaborazione, con la Fondazione Morra/Museo Nitsch.
La scrittura visuale/La parola totale è un ampio programma di mostre e incontri, a cura di Giuseppe Morra, inaugurato lo scorso mese di settembre con la mostra di Henri Chopin e Arrigo Lora Totino. Introduzione alla poesia visuale: uno scenario internazionale, che proseguirà fino al 15 gennaio 2015, indagando la storia della poesia visuale fra Napoli, Genova, Milano, Firenze, Roma. Il progetto comprende una sezione riservata ai giovani artisti, PRE POST ALPHABET, a cura di Eva Fabbris e Gigiotto del Vecchio, concepita come avvicinamento tra le opere degli iniziatori e delle figure cardine della poesia visiva e il modo di operare di alcuni artisti di generazioni successive.

Venerdì 31 ottobre (ore 17:00, presso la sala conferenze del Museo Nitsch (vico Lungo Pontecorvo 9 – Napoli) si inaugura la seconda tappa di questo percorso: Poesia Visuale a Napoli (fino al 30 novembre) con Achille Bonito Oliva, Andrea Cortellessa, Lorenzo Mango, Angelo Trimarco che metteranno a fuoco, in particolare, questioni, temi e tensioni propri della poesia visiva o visuale in dibattito negli anni Sessanta, precisamente dal 1962 al 1967-8, a Napoli, declinandone i punti di vista e i pensieri che ne hanno ispirato i criteri e le scelte, nell’esigenza di porre al centro, visto che ancora si accosta e si confonde la poesia visiva con altre esperienze sostanzialmente a lei estranee, le originali identità linguistiche.
Alle ore 18:30 (Sala conferenze) presentazione del libro di Emilio Villa L’opera poetica a cura di Cecilia Bello Minciacchi, con un saggio di Aldo Tagliaferri che interverrà assieme alla curatrice e Andrea Cortellessa.
Alle ore 19:00, in Biblioteca: Le stanze, presentazione delle opere di Luciano Caruso, Luigi Castellano (LUCA), Stelio Maria Martini, Achille Bonito Oliva
In mostra, fra le altre, le opere:
- “Journal” (196) grande collage su tela (10m. X 2m.) di Luciano Caruso.
- “Contestazione di LUCA a: l’Europeo” (16 maggio1965),
- “Contestazione di LUCA a: l’Europeo” (15 gennaio 1967),
- 5 esercizi “immagini di un segno”, di Luca Castellano.
- i collage e i dattiloscritti originali che compongono il romanzo visivo “Neurosentimental” (1963) di Stelio Maria Martini.
- 5 mappe del 1965 serigrafate da ABLEO nel suo laboratorio nel dicembre del 1971, in 50 esemplari firmati ed autografati di Achille Bonito Oliva.
Alle ore 20:30 (sala conferenze). Spazio: PRE POST ALPHABET, a cura di Eva Fabbris, Lupo Borgonovo con il sound design di Marco Madia, presenta la performance Duets for Monkeys in cui l’energia comunicativa e sentimentale prevarica la dimensione verbale, freddamente tecnologica.

Sabato 1 novembre, ore 17:00 (sala conferenze)
Presentazione in anteprima del libro Post Scriptum, nel centenario della nascita di Emilio Villa, di Aldo Tagliaferri. Interverranno Andrea Cortellessa e Aldo Tagliaferri.
E alle ore 18:00, Le stanze, omaggio a Emilio Villa in occasione del centenario della sua nascita, a cura di Andrea Tomasetig
In mostra, fra gli altri, volumi e riviste di Emilio Villa come:
- Opere poetiche I. 1989
- 17 Variazioni su temi proposti per una pura ideologia del 1955, edizione di 104 esemplari con tre opere grafiche originali di Alberto Burri
- Omero, Odissea, del 1994, volume con firma autografa di E. Villa
- Rivista “Ex” n. 2 del 1964, n.3 del 1965, n. 5 del 1968
Infine, alle ore 21:00 (sala conferenze) per lo spazio PRE POST ALPHABET, a cura di Gigiotto del Vecchio, Marco Bruzzone, presenta la performance reads some Owes, che analizza e rivisita il linguaggio visivo e verbale contemporaneo.

La scrittura visuale/La parola totale è un evento esemplare perché salda rigore metodologico, originalità critica e capacità di coinvolgere il pubblico attraverso studi che analizzano le poetiche visuali dal punto di vista sia storico che delle ricerche artistiche di questi ultimi anni, per delinearne prospettive e sviluppi futuri. “Il senso della mostra, scandita lungo un ampio arco temporale e geografico, capace di riscrivere, agitandole, le stabili coordinate del tempo e dello spazio” – scrivono Giuseppe Morra e Loredana Troise – “non va rintracciato nelle singole opere, quanto nel gusto collettivo e universale delle possibilità espressive impiegate; intense e intessute di segni e linguaggi differenti, le parole/immagini confluiscono e si confondono tra desideri, interessi e passioni, prendono corpo e si distaccano dal testo classico e si fondono in un nuovo contesto, espandendo il proprio potere. La forza di questa impostazione risiede nella peculiarità di una pluralità di situazioni che raccontano l’eclettismo degli artisti della poesia visiva, le loro affascinanti personalità, la loro produzione di cui si avvertono, sottesi, tracce, suggestioni e fascini inediti. Il movimento della Scrittura Visuale, opponendosi alla massificazione culturale, ha attivato nel pubblico la capacità critica, nella reinvenzione e liberazione della parola scritta, di opporsi al conformismo che indugiava esclusivamente sulla parola o sul segno privo di significato”.

ZERO - GUGGENHEIM MUSEUM 2014




ZERO
Countdown to Tomorrow, 1950s-60s
by Valerie Hillings, Daniel Birnbaum, Edouard Derom, Johan Pas
Guggenheim Museum
(October 31, 2014)

ZERO: Countdown to Tomorrow, 1950s-60s is the first large-scale historical survey in the United States dedicated to the German artist group Zero (1957-66).
The group was founded by Heinz Mack and Otto Piene, who were joined by Günther Uecker in 1961, and ZERO, an international network of like-minded artists from Europe, Japan and North and South America--including Lucio Fontana, Yves Klein, Yayoi Kusama, Piero Manzoni, Almir Mavignier, Jan Schoonhoven and Jesús Rafael Soto--who shared their aspirations to redefine art in the aftermath of World War II.
The catalogue explores the experimental practices developed by the more than 30 artists from nine countries featured in the show, whose work anticipated aspects of Land art, Minimalism and Conceptual art.
The publication is organized around points of intersection, exchange and collaboration that defined these artists' shared history. Among the themes explored are the establishment of new definitions of painting; the introduction of movement and light as both formal and idea-based aspects of art; the use of space as subject and material; the interrogation of the relationship between nature, technology and humankind; and the production of live actions or demonstrations.
At once a snapshot of a specific group and a portrait of a generation, this book celebrates the pioneering nature of both the art and the transnational vision advanced by the ZERO network.

GILDA WILLIAMS: HOW TO WRITE ABOUT CONTEMPORARY ART - THAMES & HUDSON 2014




GILDA WILLIAMS
HOW TO WRITE ABOUT CONTEMPORARY ART
Thames & Hudson
(October 14, 2014)

How to Write About Contemporary Art is the definitive guide to writing engagingly about the art of our time. Invaluable for students, arts professionals and other aspiring writers, the book first navigates readers through the key elements of style and content, from the aims and structure of a piece to its tone and language. Brimming with practical tips that range across the complete spectrum of art-writing, the second part of the book is organized around its specific forms, including academic essays; press releases and news articles; texts for auction and exhibition catalogues, gallery guides and wall labels; op-ed journalism and exhibition reviews; and writing for websites and blogs.
  

WANDERING - SALA DOGANA, GENOVA




WANDERING
Through the memory of photography
Juliana Mrvová, Milan Vagač, Adam Šakový
a cura di Juliana Mrvová
Sala Dogana - Palazzo Ducale
piazza Matteotti 13 - Genova dal 31/10/2014 al 16/11/2014

Il progetto "Wandering - through the memory - of photography" unisce il lavoro di tre giovani artisti della scena slovacca contemporanea. La loro collaborazione non nasce per caso, i tre artisti hanno infatti recentemente avuto modo di confrontarsi partecipando a diversi progetti collettivi.
Nel progetto comune per Sala Dogana, gli artisti si concentrano sia sul tema del viaggio, come scoperta di luoghi nuovi e la loro origine, che sull’abilità mentale di memorizzare i ricordi. Un ulteriore tema affrontato è l’analisi della capacità-incapacità della fotografia di preservare i ricordi e di rappresentare la realtà.

Adam Šakový utilizza la fotografia come punto di partenza per la realizzazione di dipinti su carta fotografica o su tela. L’autore esamina il tema personale del corpo e della relazione emotiva usando delle fotografie sfocate ed evocative. In questo modo ogni sua opera presenta una voluta manipolazione della realtà e ci fa viaggiare contemporaneamente nel tempo e nello spazio.

Milan Vagač fa un uso intelligente di fotografie rappresentanti montagne e le manipola. Allo stesso tempo affronta i temi della memoria, del ricordo e della documentazione del passato e del presente. In Sala Dogana presenta anche disegni su diversi strati sul tema del viaggio e del pellegrinaggio che fanno riferimento all’esperienza personale.

Nel recente lavoro di Juliana Mrvová, che viene presentato in Sala Dogana, il disegno appare come documentazione di viaggio. L’intento dell’artista è quello di unire gli schizzi e i frammenti di ricordi memorizzati durante il viaggio creando nuovi legami e nuove storie nella forma di una grande mappa mentale. Il suo approccio al disegno si dirige verso la ricerca di nuove possibilità, alternative alla fotografia, di registrare gli eventi.

L'esposizione è supportata dal Ministero della Cultura della Repubblica Slovacca e per questa occasione è stato pubblicato un catalogo con testi in italiano e in inglese.

mercoledì 29 ottobre 2014

SECESSIONE E AVANGUARDIA - GALLERIA NAZIONALE D'ARTE MODERNA, ROMA




SECESSIONE E AVANGUARDIA
L’arte in Italia prima della Grande Guerra 1905-1915
Galleria Nazionale d'Arte Moderna - GNAM
viale delle Belle Arti 131 - Roma
dal 30/10/2014 al 15/2/2015

Iniziativa centrale nel quadro di iniziative promosse dal Comitato storico scientifico per gli anniversari di interesse nazionale, con la mostra “Secessione e Avanguardia” si intende approfondire un momento di particolare fervore innovativo nella cultura artistica e letteraria italiana immediatamente precedente la prima guerra mondiale. Un periodo breve, ideologicamente segnato da contrasti politici e sociali, durante il quale artisti e critici si interrogano sui concetti di modernità e di avanguardia. Mentre l’Ottocento, il ‘secolo lungo’, moriva, e con esso la mitologia positiva della belle époque, una generazione di giovani artisti si poneva in aperto conflitto con il consolidato sistema ufficiale delle esposizioni (le mostre degli Amatori e Cultori a Roma, le Biennali a Venezia), contestando i criteri conservatori e selettivi che regolavano la partecipazione, rivendicando autonomia di ricerca e libertà di espressione.
Come era già avvenuto a Monaco, Berlino e Vienna e in altri centri europei, gruppi di artisti italiani giovani e meno giovani sceglievano di associarsi nel comune segno della Secessione, sia interpretata, alla lettera, come separatismo, divisione netta, sia come manifestazione che raccoglieva le forze più innovative intorno a concetti modernisti, ma in cui non tardarono a penetrare elementi di avanguardia.
La mostra della Galleria nazionale prende quindi l’avvio dal 1905, anno in cui Severini e Boccioni organizzarono nel Ridotto del Teatro Nazionale di Roma una Mostra dei Rifiutati che, benché non riuscisse pienamente nel tentativo di opposizione efficace alle esposizioni annuali degli Amatori e Cultori, costituì un primo germe di opposizione. Le esigenze di rinnovamento e di apertura internazionale si polarizzano fra il 1908 e il 1914 a Venezia e a Roma, nelle manifestazioni di Ca’ Pesaro e della Secessione Romana. Dalle attività espositive di Ca’ Pesaro, secessioniste rispetto alla Biennale veneziana benché ospitate dall’ufficialissimo palazzo della Galleria d’arte moderna, emergono artisti che imprimeranno un segno significativo nel panorama italiano, fra i quali Gino Rossi, Tullio Garbari, Ubaldo Oppi, Vittorio Zecchin, Guido Marussig, ma soprattutto Arturo Martini e Felice Casorati, che rivelano già una forte personalità artistica.
La varietà dei riferimenti del gruppo di Ca’ Pesaro spazia dalla secessione viennese al primitivismo, dal paesaggismo nord-europeo a Gauguin e al sintetismo di Pont-Aven, ma anche al nuovo rappresentato dalle opere pre-futuriste di Boccioni, al quale nel 1910 viene dedicata una mostra individuale. La Secessione romana denuncia fin dal titolo la volontà di riallacciarsi programmaticamente agli analoghi movimenti di area tedesca e austriaca, ma si propone anche come una più ampia rassegna delle recenti esperienze artistiche contemporanee europee: dalle esperienze post-impressioniste francesi al gruppo austriaco capeggiato da Klimt, ai russi appartenenti al Mir Iskusstva. Anche a Roma, come a Venezia, emergono tendenze diverse: dalle interpretazioni elegantemente mondane del divisionismo di Innocenti, Noci, Nomellini, alle novità plastiche di Roberto Melli, fino a comprendere gli artisti stessi provenienti da Ca’ Pesaro, Rossi, Martini, Casorati, Zecchin. La dirompente novità dei futuristi, ambiguamente emarginati dalle secessioni romane, trova una nuova sede espositiva nella Galleria permanente futurista di Giuseppe Sprovieri, che nel 1914 accoglie ancora una volta Martini e Casorati, nonché esponenti europei dell’astrattismo e futurismo, saldando definitivamente la circolarità espositiva delle nuove tendenze.
Ca’ Pesaro e Secessione Romana rappresentano quindi i poli di un’avanguardia ‘moderata’, contrapposta, non senza contraddizioni, all’avanguardia radicale del futurismo, che intende incidere in maniera rivoluzionaria sul linguaggio artistico e sulla realtà sociale e politica. La mostra della Galleria nazionale d’arte moderna si chiude quindi sulla tabula rasa che il conflitto mondiale attua nei confronti di ogni aspirazione avanguardista, inglobandone lo slancio vitale. All’entusiastico interventismo futurista, alla nuova, modernissima iconografia della guerra, si contrappone la poetica del silenzio e dell’assenza, presagio del dramma imminente, del primo De Chirico. (Fonte: Comunicato Galleria Nazionale d'Arte Moderna)

Immagine: Umberto Boccioni, Idolo moderno, 1910-11, Londra, Estorick Collection.
  

CHRIS OFILI: NIGHT AND DAY - NEW MUSEUM, NEW YORK




CHRIS OFILI
NIGHT AND DAY
New Museum
235 Bowery - New York
October 29, 2014–January 25, 2015

This October, the New Museum presents the first major solo museum exhibition in the United States of artist Chris Ofili’s work. Occupying the Museum’s three main galleries, Chris Ofili: Night and Day spans the artist’s influential career, encompassing his paintings, drawings, and sculptures. Over the past two decades, Ofili’s practice has become identified with vibrant and meticulously executed artworks that meld figuration, abstraction, and decoration. The artist’s diverse oeuvre has taken imagery and inspiration from such disparate, history-spanning sources as the Bible, hip-hop music, Zimbabwean cave paintings, Blaxploitation films, and the works of William Blake. As the title of the exhibition suggests, Ofili’s practice has undergone constant changes, moving from boldly expressive to deeply introspective across an experimental and prodigious body of work. The exhibition features over 30 of Ofili’s major paintings, a vast quantity of drawings, and a selection of sculptures from over the course of his career.
The exhibition is curated by Massimiliano Gioni, Artistic Director; Gary Carrion-Murayari, Kraus Family Curator; and Margot Norton, Assistant Curator. The exhibition is on view in the second-, third-, and fourth-floor galleries from October 29, 2014 to January 25, 2015.
Ofili’s early paintings from the ’90s were created using his signature layering of materials, including paint, resin, glitter, and elephant dung, a material he first collected during an art study trip to Zimbabwe in 1992. The exhibition brings together 12 of his canvases from this period, which combine spectacularly rendered psychedelic surfaces with provocative imagery from a staggering array of cultural sources and assemble a cast of characters including religious figures, political and cultural icons from across history, and imaginary heroes. From this early period, Ofili established an approach to painting that is both seductive and rigorously historical. After moving to Trinidad from London in 2005, Ofili’s work took a new direction with the “The Blue Rider” series, which takes its name from the early 20th-century artist group that sought spirituality by connecting visual art with music. Since then, Ofili has gone on to create a number of large blue paintings. For this exhibition, nine of these works are brought together for the first time in an architectural environment designed by the artist. Composed in dark hues of blue, this series of paintings evokes the blue light of twilight and the soulfulness of blues music. Although rooted in the landscape and culture of Trinidad, Ofili’s blue paintings extend beyond to offer a contemplative approach to history, identity, and ways of seeing.
His most recent canvases have been animated by exotic characters, outlandish landscapes, and folkloric myths that resonate with references to the paintings of Henri Matisse and Paul Gauguin. This exhibition also includes a selection of paintings from Ofili’s “Metamorphoses” series. These brightly colored canvases were inspired by the poem of the same name by Ovid and illustrate the ancient Roman author’s stories of gods and humans, including the tale of the goddess Diana and the hunter Actaeon. These paintings were initially created at the invitation of the National Gallery, London, in response to their own series of paintings of Diana and Actaeon by Titian from the mid-16th century. Ofili’s paintings offer a unique interpretation of both the original text and its painted interpretations, opening up the ancient myths to new, contemporary readings. These works are displayed in a dreamlike, painted environment inspired by British filmmakers Michael Powell and Emeric Pressburger’s 1947 film Black Narcissus.
Ofili’s hybrid juxtapositions of high and low, and of the sacred and the profane, simultaneously celebrate and call into question the power of images and their ability to address fundamental questions of representation. Through a series of unexpected connections between his most important bodies of work, Ofili’s exhibition at the New Museum reflects the vast breadth of his practice.

Chris Ofili: Night and Day is accompanied by a fully illustrated catalogue featuring contributions from the exhibition’s curator, Massimiliano Gioni, as well as art historian Robert Storr, lawyer and journalist Matthew Ryder, National Gallery of Art in London curator Minna Moore Ede, and fellow artists Glenn Ligon and Lynette Yiadom-Boakye.

Chris Ofili was born in Manchester, England, in 1968, and currently lives and works in Port of Spain, Trinidad. He received his BFA from the Chelsea School of Art in 1991 and his MFA from the Royal College of Art in 1993. Solo exhibitions of his work have been presented internationally, including recent shows at the Arts Club of Chicago (2010); Tate Britain, London (2010 and 2005); kestnergesellschaft, Hannover (2006); and the Studio Museum in Harlem, New York (2005). He represented Britain in the 50th Venice Biennale in 2003 and won the Turner Prize in 1998. His works are held in the permanent collections of a number of museums, including the British Museum, London; the Carnegie Museum of Art, Pittsburgh; the Museum of Contemporary Art, Los Angeles; the Museum of Modern Art, New York; Tate, London; the Victoria and Albert Museum, London; and the Walker Art Center, Minneapolis.
  

ANTONIO NEGRI: ARTE E MULTITUDO - DERIVEAPPRODI 2014




ANTONIO NEGRI
ARTE E MULTITUDO
a cura di Nicolas Martino
DeriveApprodi (29 ottobre 2014)
Collana: Doc(k)s

Che cos'è l'arte nella postmodernità? Cosa ne è del bello nel passaggio dal moderno al postmoderno? Cos'è il sublime quando la sussunzione reale del lavoro al capitale e l'astrazione completa del mondo si sono compiute? Sono le domande a cui risponde Toni Negri, in una veste di scrittura inedita, con dieci lettere ad altrettanti amici (tra i quali Giorgio Agamben, Massimo Cacciari, Nanni Balestrini). Si discute dell'astratto, del lavoro collettivo, del costruire, dell'evento, del corpo, della biopolitica e del comune. Contro ogni retorica debolista, questo piccolo dizionario dell'arte ci permette di scoprire la resistenza etica nella postmodernità, l'irriducibilità poetica della cooperazione sociale produttiva, e quindi di intendere l'arte come una continua eccedenza d'essere prodotta dal lavoro liberato. Contro il cinismo spettacolare del mercato che fa dell'opera d'arte una merce tra le altre qui si afferma un'idea dell'arte radicalmente democratica. Contro la sconfitta tragica che fa dell'arte "il prodotto dell'angelo", qui si afferma che "tutti gli uomini sono angeli".

HANS BELTING: FACCE - CAROCCI 2014




HANS BELTING
FACCE
Una storia del volto
Carocci (30 ottobre 2014)
Collana: Le sfere

Dalle maschere teatrali alla mimica degli attori, dal ritratto europeo alla fotografia, dal cinema all'arte contemporanea, Hans Belting ripercorre in questo volume i diversi tentativi di fissare la vita del volto e del sé. Affascinante indagine sui vari modi in cui gli uomini hanno raffigurato sé stessi nel corso della storia, "Facce" offre innumerevoli spunti di riflessione che mettono in crisi le nostre idee più consolidate.

LUIGI ALFONSO: LE CHIESE GENOVESI - DE FERRARI 2014


LUIGI ALFONSO
LE CHIESE GENOVESI
a cura di ALDO PADOVANO
fotografie di HANS VON WEISSENFLUH
De Ferrari (ottobre 2014)
Collana: Imago






Monsignor Luigi Alfonso (Genova, 1911 - 2003), fu parroco di San Siro di Viganego in Val di Lentro dal 1940 fino alla morte. Membro del consiglio presbiterale diocesano e canonico onorario della basilica delle Vigne, fu storico e studioso della storia genovese, e non solo della Curia, partendo dai documenti custoditi presso l’Archivio di Stato e negli archivi parrocchiali. Collaboratore fisso del “Settimanale Cattolico”, fu autore di numerosi articoli e volumi tra cui il “Grande regesto delle chiese italiane - La città di Genova” (Genova, 1998). In riconoscimento al lungo e prezioso lavoro di ricerca sulle fonti archivistiche, gli storici genovesi gli dedicarono nel 1996 il volume “Studi e documenti di storia ligure in onore di don Luigi Alfonso per il suo 85° genetliaco” edito dalla Società Ligure di Storia Patria. Aldo Padovano, nato a Genova nel 1953, sin dagli anni Settanta è attivo nella sua città come autore di trasmissioni radiofoniche e animatore di iniziative legate al cinema, sia sotto l'aspetto produttivo sia sotto quello riguardante la conservazione delle pellicole (Cineteca Griffith) e la programmazione (Cineclub Lumière). Organizzatore e curatore di mostre, autore di diverse pubblicazioni, si occupa di storia del football, architettura, iconologia, storia dell'arte e storia in genere della città di Genova e della Liguria. Collabora con quotidiani e riviste specializzate. Hans von Weissenfluh, nato a Lugano nel 1974, vive a Genova dal 1980. Grafico e programmatore, dal 2004 si dedica alla fotografia panoramica a 360° per virtual tour e ottiene incarichi per navi da crociera, chiese, edifici, monumenti e musei a Genova, Venezia, Roma, in Toscana e Dubai. 



AZIMUT/H: CONTINUITÀ E NUOVO PEGGY GUGGENHEIM COLLECTION, VENEZIA




AZIMUT/H
CONTINUITÀ E NUOVO
a cura di Luca Massimo Barbero
Collezione Peggy Guggenheim
Palazzo Venier dei Leoni - Dorsoduro 701 - Venezia
dal 19/9/2014 al 19/1/2015

Non ci si stacca dalla terra correndo o saltando; occorrono le ali
Piero Manzoni

Con la mostra AZIMUT/H. Continuità e nuovo il museo dedica un prezioso tributo all’attualissimo contesto delle neoavanguardie, celebrando Azimut/h, la galleria e rivista fondate nel 1959 a Milano da Enrico Castellani (1930) e Piero Manzoni (1933–1963). L’esposizione intende restituire al pubblico il ruolo fondante che Azimut/h ebbe nel panorama artistico italiano e internazionale di quegli anni: come una sorta di terremoto creativo, fu uno dei grandi catalizzatori della cultura visiva e concettuale italiana ed europea dell’epoca, e ponte ideale tra una nuova generazione rivoluzionaria, ironica e cruciale, e la più stretta contemporaneità.
Esperienza straordinaria, di fulminea durata e intensissima attività, racchiusa tra il settembre del 1959 e il luglio del 1960, Azimut/h è oggi riconosciuto nella coscienza critica collettiva come fenomeno sempre più decisivo, contraddistinto da una sperimentazione radicale, rafforzata dai suoi legami con alcuni dei più grandi protagonisti della scena artistica di quegli anni, e da un vivace e dinamico dialogo internazionale. Diversificate nel lettering, Azimut (la galleria) e Azimuth (la rivista) hanno dato vita e formalizzato un’autentica “nuova concezione artistica” che vive nella dialettica di “continuità e nuovo”. In mostra, oltre ai lavori dei maestri Manzoni e Castellani, trovano spazio le opere degli artisti che ruotarono intorno alla galassia di Azimut/h, da Lucio Fontana ad Alberto Burri, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Yves Klein, Jean Tinguely, Heinz Mack, Otto Piene e Günther Uecker, e altri.
Con AZIMUT/H. Continuità e nuovo Barbero prosegue la sua indagine approfondita sulla scena artistica del secondo dopoguerra, avviando le celebrazioni della neo-avanguardia europea che proseguiranno, dal 10 ottobre 2014, con la mostra ZERO: Countdown to Tomorrow, 1950s-60s, al Solomon R. Guggenheim Museum di New York, a cura di Valerie Hillings, Curator and Manager, Curatorial Affairs Abu Dhabi Project.
Il percorso espositivo proposto dal curatore prosegue, e si arricchisce, attraverso le pagine di un ampio studio monografico, l’imponente pubblicazione edita da Marsilio Editori in doppia edizione italiana e inglese. Con una serie di studi scientifici, tavole, confronti, riproduzione di materiali inediti, contenuti di riviste, il volume, di oltre 600 pagine, presenta la ricerca sviluppata per la mostra, e una serie di letture trasversali con saggi dello stesso Barbero, Francesca Pola, Flaminio Gualdoni, Federico Sardella e Antoon Melissen.

FOOD - MUCEM, MARSEILLE




FOOD
Produire, manger, consommer
commissaire Adelina von Furstenberg
MUCEM
1 esplanade du J4 - Marseille 29/10/2014 - 23/2/2015

37 artistes venus des cinq continents présentent le fruit de leur réflexion sur les différentes questions et les enjeux liés directement ou indirectement à l’alimentation : conséquences des changements climatiques, empoisonnement des produits agricoles, écarts dans la distribution des aliments, préservation des sols, choix des aliments, cuisines et rituels de table.
Parmi eux, cinq artistes – John Armleder, Stefano Boccalini, Antoni Miralda, Angelo Plessas, Barthélémy Toguo - réalisent des installations originales avec des objets phares choisis dans les collections du MuCEM.
L’ensemble crée un dialogue pluridisciplinaire intégrant des œuvres historiques et contemporaines ainsi que des objets du quotidien.

L’exposition « Food » pose la question fascinante de la nourriture et, à travers elle, celles de la survie, de la santé, de l’économie et de la culture. « Food » veut être, à travers le regard des artistes invités, un plateau artistique favorisant la culture, les traditions et la créativité pour mieux appréhender et comprendre les valeurs liées à la nourriture dans notre société contemporaine.
« Food » est une initiative de ART for The World, une ONG associée au Département d’Information publique des Nations Unies, et le résultat d’une action menée sur trois ans (2012-2015) avec les différentes institutions partenaires et les artistes autour de ces questions. Ce projet itinérant s’est déroulé dans trois pays différents (en Suisse au Musée Ariana-Genève, au Brésil au SESC Pinheiros-São Paulo, en France au MuCEM-Marseille) au sein de trois institutions qui ont pu rendre possible ce projet avec le concours de toutes leurs équipes et de leurs ressources.
L’exposition est constituée de projets individuels et singuliers, où l’acte de création s’est appuyé sur différents médias – photographie, cinéma, vidéo, films, objets. C’est une invitation à nous pencher sur le devenir de la terre nourricière et sur les questions liées à l’alimentation. Elle veut constituer une surprise et un défi pour le public ; elle propose une vision approfondie de la problématique de l’art et de la nourriture et des questions politiques et sociales abordées par ces artistes, tout à fait avertis des modèles d’information et de circulation de nos jours.
Les artistes invités à cette exposition proviennent des cinq continents, couvrant différents territoires et représentant plusieurs générations. Outre la qualité artistique de leur travail, ils ont en commun une forte identité et une parole interculturelle sensible aux thèmatiques liées directement ou indirectement à l’alimentation, tels que les conséquences du changement climatique, l’empoisonnement des produits de l’agriculture, l’écart dans la distribution alimentaire, mais aussi la préservation de notre terre nourricière, le choix des aliments, les cuisines diverses, les rituels et les cérémonies autour de l’alimentation et autres sujets communs liés au thème de la nourriture. Ainsi les œuvres, tout en contribuant à l’histoire esthétique et culturelle, révèlent les principaux défis de notre société contemporaine, comme le développement durable, l’immigration, les différences religieuses, les droits de l’Homme, l’égalité des sexes, etc
Bien que les artistes utilisent les matières premières agricoles comme par exemple, les haricots d’Ernesto Neto (Variation on Color Seed Space Time Love, 2009), ou encore les graines de tournesol de Jannis Kounellis (Sans titre, 1968), « Food » n’est pas une exposition sur la gastronomie ou la cuisine. Bien sûr, nous observons le photographe indien Raghubir Singh pointant son objectif sur le mouvement des mains qui portent, offrent et servent des aliments. Dans ses photographies, nous voyons les mains des femmes du Chennai avec du riz, les mains du vendeur d’eau de Delhi, ou encore la main qui fait basculer la bouilloire d’aluminium pour verser du thé dans une tasse sur le marché de Mumbai. « Une main ouverte pour recevoir et pour donner », telle qu’elle est enseignée par Le Corbusier. On peut également découvrir une femme concentrée à manger un oignon (Marina Abramović, The Onion, 1995) – une performance quasi déclarative à propos de l’endurance physique et psychologique, mais aussi sur la vulnérabilité humaine, l’identité et l’indépendance des femmes, notamment quand la voix de l’artiste parle de son usure face à la vie quotidienne : « Je suis fatiguée de changer d’avion tout le temps, d’attendre dans les salles d’attente, les gares routières, les aéroports... » […]
En puisant dans la vaste collection des objets du MuCEM, quelques uns des artistes invités ont créé de nouvelles oeuvres, comme par exemple, l’artiste camerounais Bartélémy Toguo, qui en s’inspirant de son projet Banjoun Station Agriculture, a créé une installation avec des charrues, des herses, des chariots, etc., ou l’italien Stefano Boccalini qui a revisité les marques à pain des 19ème et 20ème siècles avec une série de nouvelles marques sur le concept de son plus récent travail Crédit/Débit, ou encore le catalan Miralda qui a réuni 124 objets, dont 80 sonnettes de tables et des pichets décorés selon la tradition de tavernes populaires, qui nous rappellent les rapports à la domesticité.
Food, à travers tout le potentiel expressif de l’art contemporain, poursuit au MuCEM sa réflexion sur des thèmes liés à la terre nourricière, l’agriculture et l’alimentation. Dans cette exposition, il n’est pas seulement question de quantités et de doses. En fait, faire de l’art c’est presque comme préparer un bon repas. Cela implique le mixage, le graissage, la fermentation et peut-être un peu d’improvisation, comme cela nous arrive dans la vie.
Adelina von Furstenberg

Immagine: Antoni Miralda
  

EGITTOMANIA - GENOVA




EGITTOMANIA
Genova, sedi varie
dal 29/10/2014 al 12/12/2014

Dal 29 ottobre al 12 dicembre Genova diventa… la capitale dell’Antico Egitto. Prende il via dalla fine di ottobre, infatti, un fitto calendario di incontri, mostre, visite guidate e laboratori tra le collezioni del Museo di Archeologia Ligure e della Biblioteca Berio. Per secoli la “civiltà dei faraoni” ha catturato l’attenzione di studiosi, appassionati e viaggiatori. Nell’Ottocento esplose la “moda egizia”, che si diffuse soprattutto dopo le campagne napoleoniche, e questo fascino suscita ancora oggi curiosità, passione per il mistero e desiderio di scoperta. Genova non ne è stata immune e conserva importanti testimonianze grazie alle esperienze di viaggiatori liguri d’eccezione – il capitano Enrico D’Albertis, il tenete di vascello Giovanni Caramagna, il capitano Giovanni Battista Caviglia – alle donazioni di collezionisti, come per esempio quella dell’avvocato Emanuele Figari, e al passaggio dell’imponente collezione Drovetti diretta a Torino.
La Biblioteca Berio custodisce pubblicazioni antiche sull’evoluzione degli studi sull’Antico Egitto e periodici con notizie su ritrovamenti, spedizioni e collezioni. A questi oggetti è dedicata la mostra che verrà inaugurata martedì 28 ottobre alle ore 17.30. Saranno esposti numerosi volumi, dai trattati rinascimentali che interpretano i geroglifici in chiave simbolico-sapienziale alle monumentali raccolte ottocentesche frutto delle spedizioni guidate da Dominique Vivant de Denon e da Ippolito Rosellini. Il programma del 28 ottobre proseguirà alla Sala Chierici della Berio dove, alle ore 18.30, Guido Rossi del Museo di Archeologia Ligure parlerà sul tema “Egittomania a Genova?”. Alle ore 19.15, sempre in Sala Chierici incontro dal titolo “L’Egitto del Capitano D’Albertis” curato da Anna Rita Punzo del Museo delle Culture del Mondo Castello d’Albertis.
Venerdì 31 ottobre, alle ore 17, c’è un appuntamento da non perdere: riapre al pubblico la Sala Egizia del MUSEO DI ARCHEOLOGIA LIGURE. Per l’occasione è in programma una proiezione di fotografie, in buona parte inedite, di Enrico Alberto D’Albertis sui viaggi che il Capitano intraprese per circa cinquant’anni lungo il Nilo. Inoltre, una galleria di immagini, realizzate da importanti fotografi del ‘900, documenterà quello che forse può essere considerato l’ultimo episodio di “egittomania” a Genova: il lungo viaggio della statua di Pasherienaset attraverso tre continenti. Il sarcofago e la mummia del sacerdote sono conservate presso il Museo di Archeologia Ligure. L’inaugurazione sarà preceduta alle ore 15.30 dal laboratorio per famiglie “Misteriose maschere dell’Antico Egitto” e seguita, alle ore 17.30, dalla conferenza “Il sarcofago e la mummia del sacerdote Pasherienaset: un restauro epico” di Gian Luigi Nicola del Laboratorio di Restauro Nicola di Aramengo d’Asti.
Le iniziative di “Egittomania” sono organizzate nell’ambito del Festival della Scienza 2014.

“I Musei e le Biblioteche di Genova – dichiara Carla Sibilla, assessore alla cultura e al turismo del Comune di Genova – conservano opere che testimoniano una città da sempre crocevia di importanti scambi culturali. Compito dell’Amministrazione civica è valorizzare queste testimonianze e renderle fruibili a turisti e genovesi, lavorando anche in sinergia con altri soggetti che si occupano di cultura e di divulgazione. Di qui la collaborazione con il Festival della Scienza, da sempre punto di riferimento in questo settore”.

lunedì 27 ottobre 2014

HIROSHI SUGIMOTO: CONFESSION OF ZERO - CASTELLO DI AMA, GAIOLE IN CHIANTI




HIROSHI SUGIMOTO
CONFESSION OF ZERO
Castello di Ama
LOcalità Ama - Gaiole in Chianti
THEATERS
Galleria Continua
Via del Castello 11 e via Arco dei Becci 1 - San Gimignano
dal 17/10/2014 al 31/1/2015

Doppio appuntamento sabato 18 ottobre in Toscana: Castello di Ama per l’Arte contemporanea e Galleria Continua di San Gimignano / Beijing / Les Moulins hanno il piacere di accogliere uno dei più autorevoli interpreti della fotografia contemporanea, l’artista giapponese Hiroshi Sugimoto.
Dal 1999 il sodalizio tra Marco Pallanti e Lorenza Sebasti - appassionati collezionisti e proprietari della tenuta vitivinicola Castello di Ama - e Galleria Continua di San Gimignano / Beijing / Les Moulins, ha dato vita ad un progetto artistico-culturale che ha visto artisti di fama internazionale realizzare opere site specific in permanenza per il borgo di Ama, un piccolo gioiello di origini medievali incastonato tra le colline nel cuore del Chianti.
Castello di Ama per l’Arte contemporanea si arricchisce di un nuovo contibuto artistico, “Confession of Zero”, installazione che Hiroshi Sugimoto concepisce appositamante per la Collezione e che colloca all’interno della cappella settecentesca di Villa Ricucci. Realizzata in collaborazione con Galleria Continua, l’opera riflette sul concetto di assenza e sul mistero dell’esistenza.
In occasione dell’opening saranno visitabili anche le opere site specific realizzate ad Ama negli anni precedenti da Michelangelo Pistoletto, Daniel Buren, Giulio Paolini, Kendell Geers, Anish Kapoor, Chen Zhen, Carlos Garaicoa, Nedko Solakov, Cristina Iglesias, Louise Bourgeois, Ilya e Emilia Kabakov, Pascale Marthine Tayou.

Negli spazi espositivi di Galleria Continua Hiroshi Sugimoto presenta alcune foto inedite della serie “Theaters”, tra queste anche “Cinema Teatro Nuovo” (2014) che ritrae l’ex-cinema teatro di San Gimignano dove ha sede la galleria. Immagini quasi surreali in cui il tempo che passa, racchiuso a forza in una dimensione che non gli appartiene, si tramuta in luce che scava l'oscurità portando delicatamente a galla gli elementi della scena circostante.
Le prime fotografie di questa serie l’artista le realizza a partire dal 1978 scattando foto all'interno di teatri americani degli anni Venti e Trenta convertiti in sale cinematografiche, come il Radio City Music Hall di New York. L’idea è quella di condensare il corso del tempo e la percezione dello spazio in un singolo momento, uniformando il tempo di esposizione a quello della durata della proiezione del film. Così Sugimoto racconta l’illuminazione che lo portò alla creazione di questa serie: “Una sera ebbi una specie di allucinazione. Il botta-e-risposta interiore che seguì questa visione fu una cosa del tipo: "è possibile immortalare un intero film in un singolo fotogramma? E cosa otterrei?"; la risposta fu: "nient'altro che un rettangolo luminoso". Mi misi immediatamente all'opera per materializzare l'idea. Camuffato da turista, entrai in un cinema di seconda categoria dell'East Village di New York portando con me una fotocamera di grande formato. Non appena il film ebbe inizio, azionai l'otturatore con il diaframma alla massima apertura; due ore dopo, alla fine del film, chiusi l'otturatore. La sera stessa sviluppai la pellicola: la mia visione era lì, di fronte ai miei occhi”.

JULIETA ARANDA: TOYS FOR MONKEYS - IGNACIO LIPRANDI CONTEMPORARY ART, BUENOS AIRES




JULIETA ARANDA
TOYS FOR MONKEYS
Ignacio Liprandi Contemporary Art
Avenida de Mayo 1480 - Buenos Aires
16/10/2014 - 21/11/201

Ignacio Liprandi Arte Contemporáneo is pleased to present Julieta Aranda's solo show Tools for Infinite Monkeys (open machine).
The "Infinite Monkey Theorem" states that "an infinite group of immortal monkeys, arranging letters at random for an infinite amount of time will almost surely produce eventually a given text, such as the complete works of William Shakespeare."
In this context, "almost surely" is a mathematical term with a precise meaning, and the "monkey" is not an actual monkey, but a metaphor for an abstract device that produces a random sequence of letters ad infinitum. The probability of a monkey exactly typing without mistakes the contents of a book is so tiny that the chance of it occurring during a period of time of the order of the age of the universe is extremely low, but not zero.
Variants of the theorem include multiple and even infinite typists, and the target text varies between an entire library and a single sentence. The history of these statements can be traced back to Aristotle's On Generation and Corruption and Cicero's De natura deorum, through Blaise Pascal and Jonathan Swift, and finally to the modern iterations, that make use of the iconic typewriters. In the early 20th century, Émile Borel and Arthur Eddington used the theorem to illustrate the timescales implicit in the foundations of statistical mechanics.
Some years ago, some scientists in England furnished six Sulawesi crested macaques (Elmo, Gum, Heather, Holly, Mistletoe and Rowan) with a computer, to try and prove the theorem. What happened afterwards is that the monkeys effectively destroyed the computer in a couple of weeks, but during that time they managed to produce five pages of text, consisting largely of the letter S.
In principle, the output of the monkeys is an infinite text, even though it is only five pages long. And I want to believe that this text is non-quantifiable, as it carries all the weight of centuries of imagining monkeys as scribes, collecting history both written and unwritten, library backward and library forward. This non-quantifiable text registers in its illegible repetition all the critical historical narratives, that when properly aligned become readable, and otherwise remain unrecognizable, dormant potentiality.

Ignacio Liprandi Arte Contemporáneo is a space dedicated to the exhibition and diffusion of international contemporary art. Founded by Ignacio Liprandi in May 2009, it is characterized by a curatorial proposal that articulates a program of exhibitions, participation in international fairs and the development of a network of curators, galleries, and institutions to allow the insertion of its artists in the international circuit.

MARCO ACCORDI RICKARDS: STORIA DEL VIDEOGIOCO - CAROCCI 2014




MARCO ACCORDI RICKARDS
STORIA DEL VIDEOGIOCO
Dagli anni Cinquanta a oggi
Carocci (9 ottobre 2014)
Collana: Quality paperbacks

Dai primi esperimenti, come Tennis For Two e Spacewar!, passando attraverso la "Golden Age" di Space Invaders e Pac-Man, fino ai più recenti Mass Effect e Grand Theft Auto, il videogioco ha segnato la memoria individuale e collettiva di intere generazioni, esplorando allo stesso tempo le proprie potenzialità espressive. Il volume è un racconto avventuroso popolato di geniali inventori e imprenditori audaci, carismatici opinion leader e cinici squali del mercato. È la storia di un settore dell'industria culturale in grado come nessun altro di interpretare l'immaginario di una società globalizzata e sempre più indicizzata.

MARIELLA MEHR: CIASCUNO INCATENATO ALLA SUA ORA - EINAUDI 2014




MARIELLA MEHR
CIASCUNO INCATENATO ALLA SUA ORA
Einaudi (23 settembre 2014)
Collana: Collezione di poesia

"Mariella Mehr - coniugando Celan, Nelly Sachs e Artaud in una prospettiva di riscatto (Notizie dall'esilio), di laica redenzione (La costellazione del lupo) o di lucido delirio (San Colombano e attesa) - rimane strettamente legata, soprattutto nella produzione più recente, al cortocircuito verbale, alla 'Wortbildung' (la parola tedesca composta che diventa trampolino di lancio per l'invenzione) cui segue la concatenazione sghemba dei versi, sempre inaspettata, provocatoria, materica e mai astratta o fine a sé stessa. Mariella Mehr arreda il suo universo linguistico come fosse un parco selvatico. Cosi la sua ricerca poetica approda a volte a una magia crudele ('Uno sguardo modesto / pieno di magia rumorosa, più terribile di qualunque ira'), altre volte a un meticoloso esercizio speleologico tra le 'caverne dove, / vivono gli uomini di ghiaccio', altre a un'esplosione che tutto scuote nei 'crepacci del tempo', altre ancora in formule alchemiche rivolte alla carne e alle sue pause di gelo ('nell'amore / togliamoci / esausti il gelo / dai capelli') il tutto avvolto e travolto da una notte che inghiotte, restituisce e sottrae: s'insinua ovunque." (dalla prefazione di Anna Ruchat).

CINQUE VOLTE PIRANDELLO - TEATRO DUSE, GENOVA 28/10/2014




CINQUE VOLTE PIRANDELLO
Tavola rotonda
Teatro Eleonora Duse
via Nicolò Bacigalpupo - Genova
martedì 28 otttobre 2014, ore 16,00

In occasione della presenza nel cartellone della Stagione 2014-2015 di cinque spettacoli tratti da testi pirandelliani, il Teatro Stabile di Genova ha organizzato al Duse per giovedì 23 ottobre (ore 16) – con replica martedì 28 ottobre alla stessa ora – una tavola rotonda cui parteciperanno:
Graziella Corsinovi (Il giuoco delle parti: un “classico” della trama)
Massimo Mesciulam (Pirandello / Beckett: il punto di vista dell’attore)
Marco Salotti (Enrico IV: viaggio tra teatro e cinema)
Marco Sciaccaluga (Sei personaggi in cerca d’autore: un’esperienza europea)
Franco Vazzoler (La vita che ti diedi: il dramma pirandelliano)

VINCENT VAN GOGH: L'UOMO E LA TERRA - PALAZZO REALE, MILANO




VINCENT VAN GOGH
L'UOMO E LA TERRA
a cura di Kathleen Adler
Palazzo Reale
piazza Duomo 12 - Milano
dal 17/10/2014 all'8/3/2015 

La mostra, promossa dal Comune di Milano – Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale di Milano, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, presenta le opere di uno degli artisti più famosi al mondo, Van Gogh.
L’esposizione, realizzata anche grazie al sostegno del Gruppo Unipol, è patrocinata dall’Ambasciata del Regno dei paesi Bassi a Roma e inserita negli eventi ufficiali del Van Gogh Europe, l’istituzione di recente costituzione sostenuta dal governo olandese a tutela e promozione dell’opera di Van Gogh.
La rassegna, a cura di Kathleen Adler, presenta una lettura dell’opera di Van Gogh del tutto inedita e si focalizza sulle tematiche legate a Expo 2015: la terra e i suoi frutti, l’uomo al centro del mondo reale, la vita rurale e agreste strettamente legata al ciclo delle stagioni.
In un’epoca in cui la maggior parte degli artisti rivolgeva lo sguardo al paesaggio urbano, frutto dell’industrializzazione europea della fine del XIX secolo – come accadeva appunto per i neoimpressionisti Seurat e Signac – Van Gogh sposta la sua attenzione verso il paesaggio rurale e il mondo contadino. La vita e le mansioni della tradizione agreste diventano per lui materia di studio, considerando questa come soggetto dalla nobile e sacra accezione e i lavoratori della terra figure eroiche e gloriose: dai primi disegni realizzati in Olanda fino agli ultimi capolavori dipinti nei pressi di Arles, Van Gogh esprime la propria affinità verso gli umili, immedesimandosi con loro e rappresentando il loro dignitoso contegno.
Il lavoro curatoriale ha permesso di costruire un percorso che accompagnerà il visitatore attraverso oltre 50 lavori dell’artista, alla scoperta di opere note e di altre mai viste prima, per comprendere ed esplorare il complesso rapporto tra uomo e natura, tra fatica e bellezza, rivivendo gli stati d’animo che Vincent Van Gogh ha trasferito nelle sue creazioni.
Il corpus centrale della mostra è costituito, come per l’esposizione del 1952, da opere provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, a cui si aggiungono lavori provenienti dal Van Gogh Museum di Amsterdam, dal Museo Soumaya-Fundación Carlos Slim di Città del Messico, dal Centraal Museum di Utrecht e da collezioni private normalmente inaccessibili: un’occasione unica per approfondire, attraverso gli occhi dell’artista, il complesso rapporto tra l’essere umano e la natura che lo circonda.
Tra i capolavori concessi dal Kröller-Müller Museum alla mostra milanese, citiamo L’autoritratto del 1887, il Ritratto di Joseph Roulin del 1889, Vista di Saintes Marie de la Mer del 1888, la Testa di pescatore del 1883 e Bruciatore di stoppie, seduto in carriola con la moglie del 1883. 

JULIAN OPIE: SCULPTURES, PAINTINGS, FILMS - MOCAK KRAKOW




JULIAN OPIE
SCULPTURES,PAINTINGS,FILMS
MOCAK - Museum of Contemporary Art Krakow
Lipowa 4 - Krakow
18.10.2014 - 25.01.2015

In this exhibition by one of the most renowned contemporary British artists, MOCAK will be presenting new works, the majority of which have been prepared especially for the exhibition in Krakow. The overall theme is individuals and the nature that surrounds them.
Julian Opie has created his own way of drawing, characterised by its sparse line and simplicity. The artist has invested with new meaning the traditional media that appear in the title of the exhibition – sculptures, paintings and films, combining them with a generous use of electronic media. In processing imagery from the real world, Opie employs computer techniques and animation. Portraits are the prevailing form of his art whether of people or animals. From observing the real, he structures paintings that have been reduced to a language of basic elements that he composes into standard yet individualised representations. His compositions consist of black lines that combine into the contour of a silhouette or a face as well as symbols and planes of colour.
Opie creates his works in series. Using computer technology, he processes a single photograph into an image that appears on objects produced in a variety of techniques. Works that represent nature, in empathic black-and-white, appear in the exhibition as animated LED paintings and giant wall drawings. Portraits of friends, collectors and anonymous passers-by appear in the ancient technology of mosaics, as vinyl paintings, giant 3D printed sculptures, animated LCD and LED paintings.
This exhibition at MOCAK is the artist’s first individual show in Poland. It is part of the series of the exhibitions of artists whose works can be found in the Museum’s Collection. We aim to provide a wider artistic context for the works in the MOCAK Collection for visitors to the exhibitions.

Julian Opie (b. 1958) – lives and works in London. Between 1979 and 1982 he studied at the Goldsmith’s School of Art in London.
The artist makes paintings, sculptures, films and installations in public spaces. In his works, he employs electronic media to widen the boundaries of the traditional media such as oil painting or sculpture. The person has a key place in his art, and is often represented in movement. He portrays members of his family, friends and workers at his studio as well as anonymous passers-by and commissioning collectors. He usually draws his characters by using a black line filled with a strong, clear colour echoing the language of signs and symbols. He is interested in landscapes; he strips them of detail, bringing to the fore their essence. He has been inspired by a variety of phenomena: from the aesthetics of road signs, billboards and corporate logos, through Japanese prints to old master portraits, ancient Roman Greek and Egyptian sculpture to manga and comics.
Opie not only focuses on museum and gallery exhibitions, he also uses other opportunities and spaces to create and exhibit art. He is well known for his album covers including the album of the British group Blur Blur: The Best of (2000). He has worked on numerous stage sets and public works in cities around the world.
Julian Opie is one of the most well known contemporary British artists. His works can be found in the collections of many public institutions throughout the world, including Tate, the National Portrait Gallery, the Victoria and Albert Museum and the British Museum in London, The Israel Museum in Jerusalem, the Kunsthaus Bregenz in Austria, the Kunsthaus Zürich in Switzerland, the Neue Galerie – Sammlung Ludwig in Aachen, the Stedelijk Museum in Amsterdam, the National Museum of Art in Osaka, the Museum of Modern Art in New York and also in the MOCAK Collection.

PIERO BOITANI: RICONOSCERE É UN DIO - EINAUDI 2014




PIERO BOITANI
RICONOSCERE É UN DIO
Einaudi (2 settembre 2014)
Collana: Saggi

Il riconoscimento - l'agnizione dei latini, l'anagnorisis dei greci - è uno dei più grandi scandali della letteratura: ha luogo nell'azione drammatica, nel romanzo, nell'opera, nel cinema, e spesso scrittori maggiori e minori ne hanno fatto uso strumentale all'unico scopo di portare a conclusione la propria opera. È anche, però, un elemento centrale, come già rilevava Aristotele, della tragedia e della narrazione complessa, perché mette in scena l'affiorare della conoscenza: non in un processo teorico astratto, ma nella carne stessa, nei sentimenti, nell'intelligenza, degli esseri umani. Questo libro esplora le scene e i temi del riconoscimento dalla letteratura antica a quella medievale e moderna: da Omero e dalla sua Odissea all'Antico e al Nuovo Testamento; da Eschilo, Euripide e Sofocle a Shakespeare, da Dante a T. S. Eliot; dal "Conte di Montecristo" di Dumas al "Giobbe" di Roth, dal "Giuseppe e i suoi fratelli" di Mann all'"Ulisse" di Joyce. In ogni capitolo a un testo antico fa riscontro una serie di testi moderni, mentre la teoria del riconoscimento segue il percorso parallelo da Platone e Aristotele ai Padri della Chiesa e a Freud. Riconoscere, dice Euripide, è un dio: il deflagrare della conoscenza tra persone che si amano, o si odiano, possiede la forza, la sublimità, l'ilarità che per pochi attimi ci fa provare la vertigine del divino.


domenica 26 ottobre 2014

JAMES W.P. CAMPBELL - WILL PRYCE: LA BIBLIOTECA - EINAUDI 2014




JAMES W.P. CAMPBELL - WILL PRYCE
LA BIBLIOTECA
Una storia mondiale
Einaudi (10 ottobre 2014)
Collana: Grandi opere

Le biblioteche non sono soltanto degli spazi in cui si conservano e custodiscono libri. Nel corso dei secoli, i progetti dei più grandi edifici destinati a questo scopo hanno voluto esaltare il momento della lettura e l'importanza dell'apprendimento. Indipendentemente dalla loro appartenenza a un singolo individuo, a un'istituzione o perfino a un'intera nazione, le biblioteche sono diventate simboli di cultura, luoghi di scambio e incontro, istituzioni che preservano e tramandano il sapere. Questo libro intende esporre la storia completa dell'evoluzione di tali edifici, dalle prime biblioteche dell'antica Mesopotamia alle biblioteche perdute delle civiltà classiche, dalle biblioteche monastiche del Medioevo a quelle sontuose in stile rococò, fino ad arrivare alle biblioteche monumentali del mondo moderno. Il volume, tra narrazione e ricerca fotografica, vuole sia chiarire in che modo lo sviluppo delle biblioteche illustri il mutevole rapporto del genere umano nei confronti della parola scritta, sia dimostrare che le biblioteche, in tutto il mondo e in ogni epoca storica, siano sempre state ben di più di meri depositi polverosi di documenti, divenendo piuttosto simboli attivi di cultura e civiltà.

SPILLOVER - PALAZZO DUCALE, GENOVA




SPILLOVER
a cura di Anna d’Ambrosio
Palazzo Ducale - Sala del Munizioniere
Piazza Matteotti 9 - Genova
dal 24/10/2014 al 2/11/2014

“Spillover” è un viaggio nel futuro sperimentale delle nanotecnologie ad opera di un gruppo di artisti che investigheranno nuovi materiali, con riferimento a una piattaforma open source, attivata nell’ambito del progetto “The Transparent Dream” presentato da AMY D arte spazio a maggio 2014.

Questi artisti-acceleratori lanceranno una propria linea per presentare progetti ad aziende interessate e sperimentare l’arte del futuro ed entrare in questo mercato.
La nuova sperimentazione vede protagonista l’artista cilena Lorena Pedemonte Tarodo, alle prese con l’Aeropan, della AMA Group Spa, pannello termoisolante composto da nanotecnologie in Aerogel accoppiato ad una membrana traspirante in polipropilene.
In mostra l’installazione “Shelter” 2014 di Lorena Pedemonte Tarodo nata grazie a sinergie tra Kubo effetti speciali, l’AMA s.p.a , AMY D Arte Spazio e il Festival Della Scienza di Genova.
In visione “Mind The Gap” dell’artista polacca Maria Wasilewska.

Può la fisica del grafene dimostrarci che lo spazio-tempo è un ologramma, un miraggio?
Se “l’eresia” del fisico Petr Horava si rivelasse corretta, potrebbe cambiare per sempre la nostra concezione di spazio-tempo conducendoci ad una “teoria del tutto” applicabile a tutta la materia e alle forze che agiscono su di essa.
Nella Sua riformulazione della relatività generale egli include una direzione preferenziale del tempo, dal passato al futuro, l’unico modo in cui l’universo come noi lo osserviamo sembra evolvere.
“Non c’è nessun grande orologio che batte il tempo dell’universo” e se si vuole comprendere “si può fare a meno della nozione di tempo” afferma Carlo Rovelli, saggista e docente di fisica teorica all’Università Aix_Marseille.
L’immagine che emerge oggi nel mondo fisico è quella di una danza indipendente ed anarchica delle cose rispetto all’altra, senza un tempo “oggettivo”, “assoluto”.
Il nostro tempo percepito non è altro che un’approssimazione delle tante variabili che succedono a livello microscopico. La sensazione dello scorrere temporale è, in un certo senso, un’illusione derivata dall’incompletezza della conoscenza.
“È necessario costruire un nuovo schema concettuale, che ci permetta di pensare il mondo, quando il tempo non è più una variabile continua che scorre per conto suo, ma diventa parte di una nuvola di probabilità di grani di spaziotempo”.
C. Rovelli e A. Connes propongono l’ipotesi del tempo termico nella quale il tempo emerge solo in un contesto termodinamico o statistico.

sabato 25 ottobre 2014

HERMANN NITSCH: AZIONISMO PITTORICO - MUZSEO HERMANN NITSCH, NAPOLI




HERMANN NITSCH
AZIONISMO PITTORICO
Eccesso e sensibilità
a cura di Michael Karrer
Museo Hermann Nitsch - Fondazione Morra
vico Lungo Pontecorvo 29/d - Napoli
dal 25/10/2014 al 28/2/2016

“La mia pittura è la grammatica visiva delle mie azioni su una superficie d’immagine”. Il gesto pittorico in Hermann Nitsch (Vienna 1938) è parte integrante della poetica delle sue celebri azioni teatrali. Una grande mostra, che si inaugura il 25 ottobre al Museo Nitsch di Napoli, ne analizza la genesi, lo sviluppo e il significativo legame con l’Orgien Mysterien Theater (Il teatro delle Orge e dei Misteri) da lui fondato nel 1957, opera d’arte totale che ne comprende tutta la filosofia e la pratica artistica.
Per la prima volta in Italia saranno esposte circa 70 opere provenienti dal Nitsch Museum di Mistelbach (Vienna), in una mostra a cura del critico d’arte tedesco Michael Karrer. che si articolerà in tutti gli spazi del museo napoletano con grandi tele, foto e video delle azioni pittoriche. Un’inedita collaborazione tra le due istituzioni internazionali dedicate all’opera del maestro dell’Azionismo Viennese in un progetto di scambio accompagnato dalla presenza dell’artista, che propone anche un dialogo scientifico e teorico – artistico intorno alla sua opera e all’influsso sull’arte e la società.
Hermann Nitsch è infatti l’unico artista vivente cui sono stati già dedicati due musei monografici. Uno è a Mistelbach (Vienna), aperto nel 2007 nella zona vitivinicola dell’Austria in cui Nitsch vive e lavora. L’altro, il “Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch” è nato a Napoli nel 2008 per volontà di Giuseppe Morra, amico di una vita e suo collezionista. Collocato in pieno centro, in un’ex-centrale elettrica del XIX secolo, testimonia la produzione dell’artista dagli anni Sessanta a oggi, con un’ampia raccolta di “relitti” provenienti dalle sue azioni teatrali. Tracce che, pur legate in modo indissolubile al momento performativo, vanno intese come opere d’arte autonoma. Per Nitsch sono: “Un’ideale sintesi unitaria del lavoro”. Le opere del museo napoletano sono esposte al Nitsch Museum di Mitelbach (sino al 29 marzo 2016) nella mostra “Arena. Opera dall’opera” a cura di Giuseppe Morra.
Il progetto non vuole essere un semplice trasporto di opere da un museo all’altro, ma un percorso di studio e approfondimento secondo la consuetudine del museo napoletano. Un’occasione anche per celebrare un gemellaggio culturale tra Austria e Italia, con presenze istituzionali dei due paesi.

JEFF WALL: TABLEAUX, PICTURES, PHOTOGRAPHS (1996–2013) - KUNSTHAUS BREGENZ




JEFF WALL
TABLEAUX, PICTURES, PHOTOGRAPHS (1996–2013)
Kunsthaus Bregenz
Karl-Tizian-Platz - Bregenz
October 18, 2014 – January 11, 2015

With Jeff Wall, Kunsthaus Bregenz in cooperation with the Stedelijk Museum in Amsterdam and the Louisiana Museum of Modern Art in Humlebæk is presenting one of the most innovative artists of his generation.
He has been involved in photography since the late 1960s and began presenting large-scale images as early as 1976, frequently in the form of transparencies in light boxes. He describes his work as “cinematographic”; making use of approaches normally identified with film-making for the creation of photographs. He has often expressed his admiration for the way filmmakers are able to combine different stylistic approaches in a single film, explore different levels of artifice and technical complexity, work with performers, and play with photography’s documentary capacity.
His photographs contest the traditional aesthetics of photography, whilst simultaneously compressing multilayered narratives into impressive pictures or “tableaux.” His subject matter ranges from contemporary social issues to the high artifice of imaginary worlds. He draws inspiration from painting, photography, literature, and film. Many of his images are based on events the artist has experienced or observed, subsequently reconstructing them for the camera.
Wall was an early adopter of digital technology, employing it since the beginning of the 1990s to construct many of his images. The apparent unity of the pictures is in fact the result of a complex assembly of different shots. He uses this process not just for fantasy scenes like The Flooded Grave but also for many apparent snapshots.
Since 1996 Jeff Wall has also embraced black and white photography, extending his investigation of the aesthetics of photography, and creating references to classic street photography and film noir. The Bregenz exhibition begins with the large black and white photographs from the mid-1990s and concludes with works being presented to the wider public for the first time.
The exhibition in Bregenz is the first comprehensive presentation of his work in Austria for over ten years.

A catalogue is published on the occasion of the exhibition with essays by Camiel van Winkel, Hripsimé Visser, and a conversation between Yilmaz Dziewior and Jeff Wall.
  

DAVID HARVEY: DICIASSETTE CONTRADDIZIONI E LA FINE DEL CAPITALISMO - FELTRINELLI 2014




DAVID HARVEY
DICIASSETTE CONTRADDIZIONI E LA FINE DEL CAPITALISMO
Feltrinelli (24 settembre 2014)
Collana: Campi del sapere

La contraddizione tra realtà e apparenza, tra capitale e lavoro, tra valore d'uso e valore di scambio, tra proprietà privata e Stato capitalistico, tra monopolio e concorrenza, tra valore sociale del lavoro e sua rappresentazione monetaria... Sono diciassette le grandi contraddizioni che Harvey individua: stanno al cuore del capitalismo, alcune sono interdipendenti, tutte si intrecciano fra loro e, quando si acuiscono, producono instabilità e crisi; oggi ne mettono a rischio la tenuta. La spinta ad accumulare capitale al di là delle possibilità di investimento, l'imperativo di usare i metodi più economici di produzione che porta ad avere consumatori senza mezzi per il consumo, l'ossessione di sfruttare la natura fino al rischio dell'estinzione: sono antinomie di questo tipo che sottostanno alla persistenza della disoccupazione di massa, alle spirali discendenti dello sviluppo in Europa e Giappone, agli instabili salti in avanti di paesi come Cina e India. Non tutte le contraddizioni del capitale sono ingestibili, alcune possono condurre a quelle innovazioni che ridanno forza al capitalismo e lo fanno apparire saldo e duraturo. Tuttavia l'apparenza può ingannare: se è vero che molte delle contraddizioni del capitale possono venire gestite, altre potrebbero essere fatali per la nostra società. Per evitare un simile esito questo libro si propone tanto come un'efficace guida al mondo che ci circonda quanto come un manifesto per il cambiamento. 

GIORGIO AGAMBEN: L'USO DEI CORPI - NERI POZZA 2014




GIORGIO AGAMBEN
L'USO DEI CORPI
Homo Sacer IV, 2
Neri Pozza (18 settembre 2014)
Collana: La quarta prosa

Con questo libro Giorgio Agamben conclude il progetto Homo sacer che, iniziato nel 1995, ha segnato una nuova direzione nel pensiero contemporaneo. Dopo le indagini archeologiche degli otto volumi precedenti, qui si rielaborano e si definiscono le idee e i concetti che hanno guidato nel corso di quasi venti anni la ricerca in un territorio inesplorato, le cui frontiere coincidono con un nuovo uso dei corpi, della tecnica, del paesaggio. Al concetto di azione, che siamo abituati da secoli a collocare al centro della politica, si sostituisce così quello di uso, che rimanda non a un soggetto, ma a una forma-di-vita; ai concetti di lavoro e di produzione, si sostituisce quello di inoperosità - che non significa inerzia, ma un'attività che disattiva e apre a un nuovo uso le opere dell'economia, del diritto, dell'arte e della religione; al concetto di un potere costituente, attraverso il quale, a partire dalla rivoluzione francese, siamo abituati a pensare i grandi cambiamenti politici, si sostituisce quello di una potenza destituente, che non si lascia mai riassorbire in un potere costituito. E, ogni volta, nel tentativo di definire, al di là di ogni biografia, che cosa sia una forma-di-vita, l'analisi dei concetti si intreccia puntualmente con l'evocazione della vita di alcuni personaggi decisivi del pensiero contemporaneo.

CARLO MERELLO: TRAMARE TRAMONTI - CONTEMPORART, GENOVA




CARLO MERELLO
TRAMARE TRAMONTI
anni 1972-1976
Contemporart
Villa Piaggio
Corso Firenze 24 canc. - Genova
26/10/2014 - 29/11/2014
(mercoledì-giovedì, ore 16-18)
inaugurazione: domenica 26/10/2014 ore 17

In occasione della mostra verrà presentata la plaquette di Marco Ercolani "Prose buie", con illustrazioni di Carlo Merello. 

venerdì 24 ottobre 2014

THE YVONNE RAINER PROJECT - LA FERME DU BUISSON, NOISIEL




THE YVONNE RAINER PROJECT
La Ferme du Buisson
Allee de la Ferme - Noisiel
25/10/2014 - 8/2/2015

Cette exposition rend hommage à la légendaire danseuse, chorégraphe et cinéaste américaine Yvonne Rainer. Films, photographies, sculptures, peintures et performances de plusieurs artistes viennent questionner la notion de "live".

Née en 1934 et figure de proue du Judson Dance Theatre, Yvonne Rainer exerce une influence majeure sur les artistes des nouvelles générations. Après avoir appliqué au mouvement chorégraphique ses recherches liées au croisement du privé et du politique dans la vie quotidienne, elle les a transposées dans son œuvre cinématographique.

"Lives of performers" est une exposition dont le titre provient du premier long-métrage réalisé par Yvonne Rainer en 1972, lorsque de chorégraphe déjà renommée, elle se tourne de façon radicale vers le cinéma. Entre 1966 et 1969, elle avait déjà réalisé cinq films courts : Hand Movie, Volleyball, Rhode Island Red, Trio Film, et Line.
L’exposition s’articule autour de ces six films présentés en continu, tout en conviant des artistes contemporains à créer ou à présenter des œuvres dans le cadre des affinités qu’ils entretiennent avec Rainer. Elle s’ouvre par ailleurs sur une sélection des archives de la chorégraphe/cinéaste conservées au Getty Research Institute à Los Angeles : notes de travail, journal, partitions, photographies de répétitions ou de plateau, programmes, affiches, publications et documents sonores.
Comme son titre le suggère, le projet s’attarde sur la question du "live" dans la performance. Quel est le rapport de la présence et de la représentation ? Comment la citation, ou ce qu’on appelle de nos jours le reenactment, interfèrent-t-ils sur le réel, sur la présence et les temps présents ? Quels sont les enjeux de la performativité ? Comment ceux-ci se jouent-ils sur le plan politique, et dans le champ des questions de genre ?
  

EPPUR SI MUOVE - TORRIONE PASSARI, MOLFETTA




EPPUR SI MUOVE
Regina José Galindo - Liudmila&Nelson - Lázaro Saavedra - Luca Vitone
a cura di Michela Casavola e Giacomo Zaza
Torrione Passari
via S.Orsola 13 - Molfetta
dal 25/10/2014 al 29/12/2014

Il progetto espositivo Eppur si muove, ideato e curato da Michela Casavola e Giacomo Zaza, promosso dall’Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia e dal Comune di Molfetta, Assessorato alla Cultura e al Turismo, patrocinato dall’Università degli Studi di Bari, unisce quattro artisti le cui pratiche rivestono tematiche politico-sociali e antropologiche transnazionali: Luca Vitone, gli artisti cubani Lázaro Saavedra e Liudmila&Nelson, e la guatemalteca Regina José Galindo.
La mostra prende il titolo dall’opera Eppur si muove di Luca Vitone, pensata e prodotta per la sala circolare del Torrione. Quest’opera è la tappa conclusiva di un ampio progetto di Vitone che dalla bandiera nera con ruota rossa si trasforma in un ipotetico viaggio di ritorno del popolo rom alla loro terra di origine. Un viaggio a ritroso, dall’Italia all’India, simboleggiato da vari elementi, tra cui una grande sagoma cartografica che unisce le undici nazioni percorse dalla comunità nomade.
La frase “Eppur si muove”, storicamente attribuita a Galileo Galilei, stimola dubbi e riflessioni. In questo caso, è metafora dello sconfinamento e della mobilità all’interno delle sfere economiche e politiche, delle questioni legate alla nazionalità e all’appartenenza.
I quattro artisti trasmettono una ricchezza simbolica e un vitalismo che portano a discutere la realtà. Il loro orizzonte critico-riflessivo muta la nostra condizione, nonché la coscienza di essa. La loro pratica artistica è una esperienza “in movimento” che incontra le minoranze culturali e fa appello alla complicità di conoscenze, al valore dell’Altro, al mondo visionario e alla esperienza reazionaria. Percepirla e attraversarla, individualmente e collettivamente, fa nascere nuove interpretazioni, sfide e incertezze. Ad esempio, Regina Galindo utilizza il suo corpo non soltanto per denunciare i traumi della storia del Guatemala, ma anche per discutere le ingiustizie e le disuguaglianze. Il video Big Bang, tratto dalla performance realizzata a Boston ed esposto in anteprima assoluta per la mostra al Torrione Passari, allude alle dinamiche economiche interconnesse che dominano la nostra era.
Il popolo rom, Cuba e il Guatemala, nonostante le limitazioni interne e i condizionamenti esterni imposti dai sistemi finanziari mondiali, mantengono una propria vitalità culturale, in lotta “contro il tempo”.

Regina José Galindo (Leone d’Oro under 35 alla 51° Biennale di Venezia) si addentra negli scenari drammatici del suo paese, luoghi di instabilità e violenza. Le sue azioni chiamano in causa le ingiustizie sociali e culturali, le discriminazioni di razza e di sesso, gli abusi derivanti dalle relazioni di potere. Rannicchiata nuda sul pavimento e spalmata di fango, con le gambe piantate nella terra di un campo insieme con un gruppo di pecore, immobile mentre una scavatrice rimuove il terreno intorno a lei, la Galindo, affronta il rischio fisico e psicologico, spingendosi oltre i propri limiti per indagare la vulnerabilità dell’essere umano, la paura, l’angoscia.

L’opera fotografica Absolut Rivolution di Liudmila & Nelson, ripropone il monumento a José Martí (scrittore ed eroe che ha combattuto per l'indipendenza di Cuba dalla Spagna nel 1898), la cui piazza è stata ribattezzata ‘Plaza de la Revolución José Martí’ dopo la rivoluzione del 1959. Questo monumento appare immerso nel mare, in balia delle onde. Il titolo Absolut Rivolution gioca sul marchio ‘Absolut Vodka’, la vodka svedese pubblicizzata come essere di prima qualità, a indicare il simbolo per eccellenza delle due rivoluzioni cubane. Invece, nelle opere intitolate Hotel Habana Liudmila & Nelson uniscono, sovrappongono e accostano (nel video), immagini degli anni cinquanta con immagini attuali, chiamando in causa l’esperienza de L’Avana, il tempo, le paure e le aspettative verso il futuro.

La pratica artistica di Lázaro Saavedra (affermato artista cubano) oscilla tra una visione cinica ed una ironica e sarcastica, abbracciando i codici di comportamento e di pensiero del contesto cubano. Per il Torrione Passari Saavedra realizza una installazione multimediale in cui convergono disegni, video-animazioni, linguaggi “non aulici” (fumetti, cartoons, graffiti), materiali banali e quotidiani, dove contesto socio-politico e natura dell’essere umano si intrecciano e si intersecano. Il tratto distintivo di questo artista è un costante senso di humour, in cui si annida una opposizione alla retorica e all’assurdo.

Luca Vitone si sofferma sulle “sfumature” culturali del mondo in cui viviamo, spesso prendendo in esame le minoranze etniche europee emarginate. La sua opera innesca un processo di memoria personale e collettiva. Inventa mappe di un percorso verso territori inesplorati o ri-trovati. L’installazione del Torrione Passari parla del viaggio di un’etnia, il popolo rom, che da secoli è nomade e non ha un’idea di confine: un’etnia che porta con sé la complessità di una identità culturale non sempre riconosciuta dall’istituzione.

Immagine: Luca Vitone, Mappa Nera